sabato 29 novembre 2008

Per essere un grande matematico, ci vuole una grande umanità!

Ieri ho terminato di scrivere l'intervista ad un grande matematico, la persona che ho scelto di incontare, è Albert Einstein. Qualcuno potrebbe obiettare che non è un vero e proprio matematico, ed in effetti questo è corretto, ma guardando alle sue scoperte ci si rende conto, che senza una personalità matematica, le sue teorie molto probabilmente, sarebbero rimaste solo intuizioni. Queste, per quanto di carattere fisico e astronomico, sono fondate su calcoli e formule, per cui negare il suo legame con la matematica sarebbe un'impresa davvero ardua. Tornando al lavoro che ho compiuto, devo ammettere che non è stato semplice, ma sicuramente è stato un modo, non solo per scoprire "il lato umano" di questo scienziato, ma anche di ripercorrere la sua vita. La lente di ingrandimento che ho utilizzato, è stata quella di cercare di mettere a fuoco la persona di Albert Einstein, i suoi pensieri e il suo relazionarsi col mondo e la società. Da questo viaggio è emersa la grande attenzione che egli, pur essendo impegnato in progetti di portata mondiale e nonostante la sua fama, seppe rivolgere agli eventi che negli anni trenta stavano cambiando il volto dell'Europa e che avrebbero portato allo sterminio della seconda guerra mondiale. Oltre al coraggio e alla coerenza mostrati prendendo posizione nei confronti dei totalitarismi e in particolar modo del nazismo (e poi successivamente nei confronti della pena di morte), Einstein si rivela essere stato uno scienziato dalla grande umiltà, nonostante spesso sia ricordato per un carattere eccentrico e spiritoso. La sua correttezza lo spinse a scrivere alla sorella: "Non riesco a rinunciare a tutto quel che mi offre Berlino, dove la gente è stata così indescrivibilmente gentile e accogliente. Come sarei stato felice 18 anni fa se avessi potuto diventare un umile assistente all'Istituto federale! Ma non ci riuscii! E' un mondo di matti: conta solo la celebrità. in fondo anche altri sono capaci di insegnare bene, ma..." In questo passo di una lettera del 1918, si nota la consapevolezza di sapere quelle che sono le regole che presiedono al funzionamento del mondo sociale: l'ipocrisia che serpeggia nei "ranghi superiori", per cui si viene considerati solo quando si diventa famosi, e non per i propri meriti. In un altro passo del 1936 egli scrive: "Non ricevo altro che lettere alle quali dovrei rispondere e sono circondato da gente che giustamente si lamenta di me. Ma può essere altrimenti con un uomo ossessionato? Rimango seduto qui per ore e ore, come quand'ero giovane, e penso e calcolo, sperando di svelare profondi segreti. Il cosidetto bel mondo, cioè l'attività affannosa degli uomini, mi attrae sempre meno e quindi ogni giorno mi vedo diventare più isolato.", mentre più tardi, nel 1953, in una lettera al biografo Carl Seeling, osserva: "Nel passato non mi sfiorava mai il pensiero che ogni mia osservazione casuale sarebbe stata afferrata e registrata; altrimenti mi sarei ritirato ancora di più nel mio guscio." Da questi pochi stralci estrapolati dal libro Il lato umano, affiora la grande sensibilità di questo personaggio e il lato introverso del suo carattere, che spesso non viene ricordato quando si menziona il suo nome. La grande semplicità ed essenzialità nel quale viveva, vanno di pari passo anche con una estrema consapevolezza di sè e anche, in un certo senso, dei meccanismi sociali. Non trascurabile è infine il suo impegno, al fine di tutelare la pace e di promuovere la tolleranza, infatti, noto è non solo il suo attacco al nazismo, ma anche la sua difesa dell'unica razza umana. Non esistono nè razze nè sottogruppi: siamo tutti uomini, anche se spesso sembriamo dimenticarcene e per quanto rifiutiamo l'idea di essere associati agli animali, spesso l'uomo sembra comportarsi peggio delle bestie. Il lato riflessivo e impegnato della personalità di Einstein, non deve comunque portare a rinnegare il suo aspetto giocoso e scherzoso, che con autoironia sapeva affrontare gli incontri e le sfide che la vita gli poneva lungo il cammino. Celebre è anche la sua passione per la musica, e soprattutto per il violino e per i compositori del '700, al cui riguardo afferma: "La mia conoscenza della musica moderna è molto limitata. Sono però sicuro di un fatto: la vera arte è caratterizzata dall'impulso irresistibile dell'artista. Riconosco questo impulso nell'opera di Ernest Bloch come in pochi musicisti recenti. (...) Solo chi si dedica a qualche attività anima e corpo può diventare un vero maestro, per questa ragione l'arte esige una dedizione totale e Toscanini la dimostra in ogni aspetto della sua vita. (...) La musica non influisce sulla ricerca, ma entrambe derivano dalla stessa fonte di ispirazione e si completano a vicenda nel senso di liberazione che ci procurano." La sua visione dell'arte e della musica contribuisce a definire la necessità che, nella vita, la scienza si completi con "l'impulso" dell'arte. Per svolgere qualsiasi mansione, compresa l'attività di maestri (intendendo anche quella più specifica di docenti) è necessaria una dedizione totale, senza la quale si farebbe un lavoro a metà. Non solo la testa dunque, ha valore, ma anche l'anima, non solo la conoscenza, ma anche la passione, non solo la scienza, ma anche l'arte.

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