giovedì 27 novembre 2008

Un mondo senza matematica?

Tra ieri e oggi, ho ultimato la prova "Noi e i numeri" e sinceramente l'ho trovata molto utile e anche interessante. Ho, infatti, percorso un viaggio non solo all'interno di uno spaccato della nostra società (analizzando alcuni articoli di giornali), ma mi sono anche confrontata con il basso livello che l'Italia raggiunge nelle statistiche europee, nel campo delle scienze. Per un insegnante che avrà il compito di fornire ai suoi piccoli allievi i fondamenti e le competenze basilari per poter proseguire con serenità la loro storia con questa disciplina, credo sia d'obbligo interrogarsi sul perché di tali risultati. Domanda ancora più urgente è, a mio avviso, quella sul perché il sistema scolastico risulti dare risultati discontinui e disomogenei, in base alle ragioni che si considerano. Dai dati OCSA e PISA, emerge, infatti, che la media Italiana, è sì di molto inferiore ai paesi capolista in classifica, ma i dati raggiunti dal Nord Italia (e in particolare, dal Nord-Est), sono identici, se non superiori, a quelli dei migliori paesi europei. Sorge allora spontaneo riflettere sul motivo per cui man mano che si scende lungo il nostro stivale, le competenze applicative che gli studenti mostrano di possedere, tendono a calare vertiginosamente (raggiungendo i livelli più bassi nelle Isole).
Credo che la sfida che aspetti all'Italia, sia quella di un ammodernamento, ancor prima che delle metodologie (che ritengo essere già, almeno a livello teorico, a un grado ottimo), dell'intera organizzazione e strutturazione dell'intero sistema scolastico. Se si considera, infatti, il modello di istruzione scolastica di uno dei paesi capolista, quale la Finlandia, ci si rende conto che a grandi linee, i principi pedagogici della didattica sono i medesimi dei nostri, a cambiare vistosamente è l'impostazione che l'interno iter scolastico possiede. Una migliore gestione sia delle risorse umane, che di quelle economiche, potrebbe dunque essere una risposta al problema educativo italiano, anche se è necessario agire anche sugli altri fattori che influenzano tale ordinamento. Primo tra tutti il fattore politico: in Italia tutto ormai è diventato politicizzato, le proposte non si vagliano più sulla base di principi, ma sulla base degli interessi e del profitto personale. Il susseguirsi di governi di destra e di sinistra, non ha portato ad un'unione di intenti e di forze, ma ad un costante scontro. Il gioco preferito della politica italiana, sembra essere divenuto quello della battaglia navale, in cui l'unico obiettivo da perseguire è l'affondamento dell'avversario, qualunque sia la sua iniziativa, sulla base di un giudizio aprioristico, spesso non fondato su un'analisi della realtà. Il bene del paese, spesso viene messo in secondo piano per dare spazio a manifestazioni e cortei, che poco o nulla propongono per andare incontro ai problemi, creando, invece, disagi e divisione e, dove c'è divisione e lotta, non può esserci né innovazione né costruzione. Un'ultima riflessione che mi è sorta leggendo i risultati dell'indagine PISA, riguarda la divulgazione che i nostri media, che come è ormai consuetudine, mettono in luce le notizie ad hoc, influenzando l'opinione pubblica e mandando poi, in modo pilotato, le notizie nell'oblio, hanno portato avanti nei confronti dei risultati di queste ricerche. Mentre in un paese come la Germania, la stampa ha dedicato ben 823 articoli sui risultati emersi dall'indagine PISA, portando ad un dibattito e a delle proposte di miglioramento, in Italia sono comparsi solo 24 articoli, sintomo che il problema è stato notato, ma subito archiviato. Allora quali sfide per l'Italia? Credo che questa domanda necessiti di risposte al più presto, in modo che, una volta identificati gli ostacoli, si possano poi mettere in atto le strategie più adeguate per superarli.

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